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ARTISTE ALLA RICERCA DELL’ANIMA. ANIME PERDUTE ANIME RITROVATE. CERP-ROCCA PAOLINA-PROVINCIA DI PERUGIA

Quattro donne in mostra, a cercare l’ “anima” che sarà ora negli oggetti, che vivranno della forma che li contiene o del loro stesso contenuto; oppure nello sguardo che è da sempre “specchio” del profondo; o nella natura dei fiori e delle acque per recuperare qualcosa di primordiale, o ancora nella realtà per penetrare invece nei reconditi meandri della memoria attraverso simboli; tutte forse con l’unico scopo di arrivare a definirla e a descriverla. L’Arte ha il compito di narrare l’inenarrabile, di esprime l’ineffabile, di dar corpo anche alle ombre. E l’anima non lo è forse.

Quattro universi femminili con diversi linguaggi espressivi e con l’unico obiettivo di rappresentare qualcosa che non c’è. Nel lungo corridoio del Cerp e nelle sale attigue, le opere vestono le grandi antiche pareti di messaggi, di sogni, di realtà, di bellezza, di tecnica.

Anima come “forma” dei corpi viventi (Aristotele). Marica Fasoli e i suoi oggetti. Gli abiti senza corpo ma colmi della presenza di quel corpo che li ha lasciati, vivono così di una forma che lentamente scivola via, liquefatti, come in Come neve al sole, olio su tela, dove in quella maglia rimane solo l’essenza di chi l’ha indossata, forse l’anima, se questa avesse una qualche fisiognomica. Se l’anima ha bisogno di un involucro per manifestarsi, allora Marica dà la strada per ritrovarla, un involucro per entrare e finalmente ricordare: quella camicia o maglia svuotata, ma con la forma del corpo che l’ha abitata, diventa connotazione essenziale per un aggancio, per un ricordo. Come i suoi “contenitori” scatole o canestri dalla porosità di giunchi di suggestioni intrecciati, o scatole dai lembi aperti di un trompe -l’oeil con nidi di gomitoli di lana in La culla dei ricordi, olio su tela, di tecnica esemplare, che offrono e si offrono allo spettatore animati di vita propria.

Anima come psychè, inconscio o sentimento, forse spiritualità attraverso la fisicità. La sala che accoglie Roberta Serenari si apre con Futura, una “madonna del duemila”, lontana anni luce dalle nostre del Perugino e Pinturicchio: una corona di rose le veste il capo e in braccio ha un bambinello animato, così moderna è bellissima e attuale, annuncia il futuro che sarà. Ricchezza e precisione, cura dei particolari in questa artista che vuole comunque trascendere la realtà e andare oltre la minuziosa riproduzione di particolari. In Il premio, le pieghe della tovaglia, la trina del merletto, il trancio di torta, vogliono superare la loro meticolosa rappresentazione e, tra pennellate più dense o più velate, appare lo sguardo della bimba sfuggente e parla di altro, simbolo per penetrare la realtà oltre il suo confine. Oltre la realtà nel mondo del simbolo, non è forse voler trascendere verso un mondo altro? Anima allora come principio che dà vita e coscienza. In Luna Park, lo zuccherino e la bambina, con accanto un re adulto che con lo sguardo sembra volerla attirare: ma attenta è “un re nudo” dalla corona di cartapesta!

Anima e occhi: sguardo come specchio dell’anima. Stefania Orrù e i suoi volti con al centro lo sguardo che penetra e parla di mondi lontani, di al di là dei confini spaziali e temporali, di oltre fisicità: qui l’anima è catturata veramente dal profondo. Ed è un mondo antichissimo e moderno nello stesso tempo: antichissima tecnica che rende l’affresco “pompeiano” , modernissima inquietudine dello sguardo. Pennelli, colori e ossidi che “ossidano” un ricordo e lo rendono più offuscato, dove penetrante è solo l’emozione degli occhi o del volto. Questi occhi ci bloccano mentre passiamo loro davanti, ci scrutano contemplandoci e originano mille interrogativi. Così in Sorriso, pigmenti di terra e ossidi su stucco e affresco per un sorriso pervaso di fascinoso enigma o in Lo Sguardo e nell’affresco Grande volto, stessa tecnica che si confonde nell’antica parete del Cerp, sembrano vivere di reciproca storicità e di mistero.

Anima con il significato etimologico di spirito, soffio, vento. Lussuria di Elisabetta Trevisan cattura subito per lo stacco di colori sapientemente calibrati: questa donna immersa in un giardino fiorito di botticelliana memoria è l’autrice stessa che si è vestita di fiori per salvarli dalla tempesta di vento che si era alzata all’improvviso e se ne avvolge, li salva e se ne adorna, stabilisce con loro un rapporto di affetto biunivoco: come una seconda pelle. Sono dipinti a tempera con una minuzia che incanta da esperta e appassionata botanica. L’acqua è l’altro elemento amato, dove si immerge completamente in Ofelia, sempre tempera su tela, e rimane lì a galleggiare, umana ninfea; o in C’è aria di temporale con il vento tra i capelli a scompigliare insieme chioma e foglie, pensieri e sguardo, creature silvana di letteraria memoria. Un futuro che ha sicuramente radici nella tradizione in queste donne e conoscenza meticolosa della tecnica e precisione dei tratti, colori linee e soggetti mescolati, ma con rigore e magia tanto da suscitare mistero: la staticità è solo un attimo, l’attimo che l’acqua si cheta dal suo scorrere o il vento si ferma dal suo scompigliare i capelli e le vesti. Vento dell’anima? Forse. Allora vento che si veste d’eternità. Accanto in parete, sempre tempera su tela, Le ali degli angeli raffreddano i poeti, messaggio di fogli sparpagliati forse dal vento del battito d’ali, e bianchi, perchè l’ispirazione finisce se c’è l’aldilà. L’ispirazione è terrena, è dolore, è sofferenza, è disagio. Solo allora nasce la creazione.

I confini dell’anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie, così profondo è il suo logos. (Eraclito)


ANIME PERDUTE ANIME RITROVATE 31 Gennaio- 23 Febbraio 2014

CERP ROCCA PAOLINA- PROVINCIA DI PERUGIA

marilena badolato maribell@live.it

AUTHOR - Marilena Badolato