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C’E’ RISO E RISO.

RIDO…DUNQUE SONO. Homo sapiens è homo ridens. Secondo Porfirio, discepolo di Plotino, è la capacità di ridere, propria dell’uomo, che lo distingue dagli altri animali (Isagoge). Nell’antichità il riso è prerogativa degli dei, che ridono degli uomini, i quali, quando ridono, partecipano del divino. Nel Medioevo il riso è diabolico, perché deturpa il volto, e pericoloso, perché cancella la paura e destabilizza l’ordine costituito. Ne “ Il nome della rosa” di Umberto Eco, quando frate Guglielmo cita Aristotele e la commedia dicendo che “il riso è proprio dell’uomo”, il venerabile padre Jorge lo censura controbattendo che nelle Scritture non si ride. Il riso è infatti critica, ironia, decostruzione. Ridere significa trascendere la realtà. Con il riso stacchiamo la spina, voltiamo pagina, prendiamo una pausa dal respiro e dal pensiero.

RISO COME CHICCHI DI GUSTO. Ma il riso è anche l’oryza sativa, chicchi di gusto appetitosi, stuzzicanti. Riso che si traveste e interpreta sé stesso in mille modi incredibilmente versatili: mantecato, tostato, mirabilmente accompagnato o anche da solo gustato, bianco e di nulla vestito, o di verdure carni o pesci, formaggi o frutta accompagnato. Salato, dolce, nudo, cavalier servente di altre preparazioni con cui spesso si sposa, fungendo persino da companatico. Riso, in quei chicchi piccoli e tondi o lunghi e sottili o corposamente presenti, dai tanti nomi che scandiscono persino una storia o un territorio: Balilla, Italico, Rubino, Elio, Auro, Raffaello, Ariete, Drago, Vialone nano, Bertone, Ribe, Originario, Sant’Andrea, Arborio, Carnaroli, Rizzotto, Agostano, Mantova, Roma, Europa, e la lista è ancora lunga per risi che sono diversi per forma, amido e un diverso gusto nel piatto.
RISO NELLA STORIA. Alimento vestito di sana salubrità per quel suo biancore che parla di salute e perfezione. Originato dagli orientali albori di settemila anni fa, da noi il riso, dai Romani e fino al Medio Evo, sarà una spezia esotica, utilizzato spesso come ingrediente per i dolci: un documento del 1371 cita il cereale tra le “spezierie” con il nome di “Riso d’oltremare” o “Riso di Spagna”. Somministrato agli infermi come “sciacquabudella”, il riso è “purificatore” e utilizzato come medicamento per malattie intestinali: la Scuola Medica Salernitana lo raccomandava, prescritto rigorosamente in bianco, per quelle malattie infettive così diffuse in seguito a epidemie pandemiche (si pensi al colera), dove diventava l’unico alimento consigliato. Vestito che gli rimarrà incollato addosso a lungo, ancor oggi, malgrado l’abbigliamento delle feste che gli regalerà il Rinascimento, grazie alla creatività di importanti cuochi storici, e ancora oltre, verso il ‘700, dove apparirà in scenografiche creazioni: ne sono un esempio i nostri sartù partenopei, dal francese sur-tout, perché sopra veniva appoggiato di tutto, a golosa guarnizione, dalle polpettine ai piselli alle melanzane fritte, per scordarne la triste origine medicamentosa. E galoppando ancora più avanti, siamo nell’800, in Italia sarà riso- mania, grazie anche alla creazione degli innumerevoli canali creati per bonificare terre un tempo paludose divenute accoglienti risaie, acquitrini da utilizzare per coltivare quello che sarà chiamato “il tesoro delle paludi”. E ancora il riso dei giorni di festa dei Savoia a Torino, ma anche quello dei giorni di magro, ancor oggi compagno di “dieta ferrea” dopo luculliane mangiate. Il riso, legato alla cultura e alle tradizioni di molti paesi, da sempre protagonista di canzoni, proverbi e leggende. Il riso, lanciato agli sposi, simbolo di fertilità, di abbondanza e di buona salute.

RISO, UN FENOMENO SOCIALE. Si ride di più se si è in più. “Il riso, – commenta il filosofo Henry Bergson – cela sempre un pensiero nascosto di intesa, direi quasi di complicità, con altre persone che ridono, reali o immaginarie che siano”. Se il riso è un fenomeno essenzialmente sociale, non si può eludere il suo rapporto con il comico e con l’umorismo, a proposito del quale si cercano attualmente, fra gli psicologi, le quantificazioni del comportamento tramite la scala delle teorie della incongruità, della sorpresa, della socializzazione. Una barzelletta infatti ci diverte, perché ci relaziona con il mondo e con la nostra esperienza di vita. Prendo a prestito la frase del regista Vito Molinari che, parlando di Gino Bramieri un famoso comico italiano, disse: “Dio creò prima l’uomo, poi la donna, e poi il comico.”

marilena badolato 3 aprile 2014

AUTHOR - Marilena Badolato