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DA DONATELLO A LIPPI-OFFICINA PRATESE. A TAVOLA CON LIPPI E DONATELLO.

Ultimo giorno. Da Donatello a Lippi, impossibile perdere questa Mostra Officina Pratese al Museo di Palazzo Pretorio di Prato, monumento simbolo della città sin dal 1284 e riaperto per questa occasione dopo lunghi anni di restauri. E’ uno splendore di sale, di luci e di opere magistrali del Rinascimento pratese. Da Donatello- che firmò persino il pulpito del Duomo- a Fra Filippo Lippi -che del Duomo affrescò la Cappella maggiore- a Paolo Uccello e altri artisti della Bottega del Lippi come Fra’ Diamante, o l’anonimo maestro della Natività di Castello, e sino al figlio Filippino. Le Madonne del Lippi, così colme di umana bellezza, tengono tra le braccia irrequieti bambinelli a dimostrare che il vento della società stava cambiando, sparita la ingessante classicità delle forme. E i colori netti e squillanti, parlano già di reali paesaggi, di affetti veri, di luoghi di gusto rinascimentale. E del gusto del tempo parlano i piatti preparati e offerti dalle Fornelle, le socie della delegazione di Prato del Club del Fornello di Rivalta, nella grande Sala del Ridotto del restaurato Teatro Politeama. Piatti storici per capire meglio la realtà del ‘400, del come si viveva e si mangiava a Prato. Oltre alle preparazioni passate da sempre alla storia come la Ribollita o le varie zuppe toscane tra cui la Farinata gialla con il cavolo nero, appaiono la Zuppa di Fra’ Diamante, a base di porri; il Pane di Donatello con farine di cereali antichi e l’antico pane di Prato, la Bozza; i Crostini, affini ai nostri di casa con le “rigaglie”, veri bocconi da re; la Mortadella rosata profumata d’Alchermes; gli squisiti Fichi secchi di Carmignano; le Cipolle caramellate che racchiudono una piccola virgola di caprino; i Sedani farciti; la Francesina. Tra i dolci il Castagnaccio, che non poteva certo mancare; la Torta Ginevra, colori di canditi e pinoli sposati da un caramello di miele e “zuccaro” di canna, torta la cui ricetta è stata tratta dall’Archivio storico di Francesco di Marco Datini e creata in occasione del matrimonio della figlia; la Torta del Lippi; il Pan di ramerino, così caro al gusto toscano; i Biscotti di Prato, quelli di Mattei, la famosissima” Mattonella”.

Appaiono poi nel loro chiarore perlaceo, che così deve essere, bagnate, tuffate appena nell’Alchermes, quello vero e profumato di spezie dell’Officina di Santa Maria Novella, le Pesche di Prato farcite di crema. Un sogno in bocca che ti assale all’improvviso e improvviso sparisce. Lasciando il ricordo di una crema e di un impasto di nessuno spessore, solo una vera nuvola rosata.

Sono le pesche di Paolo Sacchetti, “Pasticcere dell’anno 2012” e vice Presidente dell’Accademia dei Maestri Pasticceri, che in sala ne parla, spiega l’inverosimile in bocca: pasta brioche ben lievitata a formare sfere rotonde da accoppiare; crema pasticcera, il dito che fora l’impasto, così la crema lo riempirà, e bagna di acqua, zucchero e aromatico alchermes, un tuffo e via, senza troppo indugiare. Non sono biscotti, non sono brioche, né dessert qualunque. Sono Pesche di Prato. Commuovono.

marilena badolato maribell@live.it 13 gennaio 2014

AUTHOR - Marilena Badolato