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CONFRATERNITA DELL’OLIVO E DELL’OLIO- ALTA VALLE DEL TEVERE: SELEZIONE FINALE DEGLI OLI DELL’ALTA VALLE DEL TEVERE.

OLTRE 50 gli oli dell’Alta Valle del Tevere presentati alla selezione finale,  degli  oltre 150 che hanno partecipato. I premi consegnati: oliva d’oro, oliva  d’argento, oliva  di bronzo. Una grande festa questa organizzata dalla  Confraternita dell’Olivo  e dell’Olio dell’Alta valle del Tevere, presieduta da  Sergio Bartoccioni, presso il Ristorante –Country House Dogana Vecchia di Croce di Castiglione, un luogo  che scopre un panorama mozzafiato sino al  monte Acuto.

 

UN convegno su “Le prospettive dell’Olivicoltura dell’Alta Valle del Tevere” ha  visto la relazione di Saverio  Pandolfi , ricercatore del  CNR, che ha ripercorso la  storia della cultivar autoctona dei luoghi, la Borgiona:“ l’ unico modo per differenziarsi e superare la concorrenza degli oli  esteri è dedicarsi alla produzione di oli eccellenti e sostituire colture depauperanti  del terreno  con colture di olivi che ridefiniscano  anche il nostro  autentico paesaggio umbro”.  Roberto Zampieri, agronomo,  ha  parlato dell’importanza dell’olio extra vergine di oliva e dei suoi composti fenolici bioattivi. E questo progetto  di  una riscoperta di una cultivar autoctona che va di pari passo con la riqualificazione di un territorio,  potrebbe entrare nel nuovo  “Progetto Speciale” che la Regione Umbria sta approntando e della cui bozza ha parlato l’assessore all’Agricoltura Fernanda Cecchini, presente alla serata. In sala anche soci  AICOO, Associazione Italiana Conoscere l’Olio d’ Oliva.

 

LA Confraternita dell’Olivo e dell ’Olio  dell’Alta Valle del Tevere svolge una importante attività  socioculturale che ha come obiettivo principale la valorizzazione,  la cura, la promozione della coltura e cultura dell’ olivo e dell’olio che rappresentano,  insieme alla vite e ai cereali, la triade della millenaria civiltà mediterranea.  E mira soprattutto a incentivare,  presso i  produttori, il ricollocamento delle piante d’ulivo nella media collina dell’Alta valle del Tevere, oggi in gran parte ancora in uno stato di abbandono. Quindi  gli  olivi diventano protagonisti anche nella  prevenzione del dissesto idrogeologico.

 

E IN particolare il recupero  della storia dell’ olivo di questi luoghi, della "cultivar Borgiona di S. Leo, plasmata nel  corso dei  secoli dal clima di questi territori e dalla sapiente cura degli antenati “ (Prof. Lino Conti) la cui collocazione, dopo la riproduzione di piantine presso alcuni vivai della  zona di Casaccia,  è pronta per essere messa a dimora nelle colline del circondario che abbraccia Città  di Castello  e i Comuni limitrofi: Umbertide, Citerna, Monte Santa Maria Tiberina, San Giustino, Montone,  Lisciano Niccone.

 

IN mattinata  vi era stata l’offerta dell’olio della Confraternita ai Patroni di Città di Castello, i SS. Florido e Amanzio, nella cattedrale. A ricordo non  solo della sacralità che accompagna l’olio d’oliva nella sua storia,  ma anche della caratteristica particolare della Borgiona che aveva il pregio di una durata maggiore come olio da illuminazione ai tempi  dei tempi. E mi fa piacere ricordare la stima che legava Ercolano, uno dei santi Patroni di Perugia, il “defensor civitatis” ai tempi di Totila, a Florido, poi divenuto santo e Patrono di Città di Castello, ordinato sacerdote dallo stesso Ercolano che ne aveva apprezzate le doti. Lo stesso Gregorio Magno cita Florido, “vescovo di Tiferno Tiberino” e “vescovo di vita venerabile” (Dialoghi, III,13), come suo informatore a proposito della vita di sant’Ercolano, vescovo di Perugia, morto martire durante l’assedio della città da parte dei Goti negli anni 545-548.

 

E LA CONVIVIALE di chiusura non  poteva che parlare con competenza e affetto di questo territorio nei  piatti  della tradizione illustrati dal patron del Ristorante- Country House Dogana Vecchia, Mario Pazzaglia. Dopo un antipasto di apertura  dove eccelleva una  piccola  polentina  al tartufo  a conferma di un fungo ipogeo di casa da queste parti,  un  uovo rassodato il  cui tuorlo era completamente  sostituito da  una intrigante salsa verde e il  pane cosparso di olio della Confraternita, si passava al “piatto dei dispereti” , cioè dei poveretti,  a rappresentare la  povertà  delle nostra campagne e  soprattutto  delle nostre montagne dove i legumi, i ceci, erano una consuetudine quasi  quotidiana e talvolta accompagnati da impasti di acqua e farina, poiché le uova  erano troppo preziose, e in questo caso da piccoli  gnocchetti fatti a mano  di farina di mais e farina bianca (quest’ultima poca perché rara), impastate e lavorate insieme  con acqua cada. Un filo d’olio della Confraternita concludeva questo gustoso piatto.

 

A SEGUIRE i “cugni” al  sugo, anche questo un piatto di serendipità di acqua e farina a creare una sfoglia piuttosto spessa che veniva tagliata, anzi strappata con le mani in strisce poi ripiegate a cugno, (da cuneo,  buca cavità collegante)  a raccogliere quindi il sugo in maniera molto  differenziata. In questo caso la  salsa era di fagioli, cotica di maiale, salsiccia e pomodoro. Piatti che trasudano una bella storia di antropologia alimentare.

 

IL GIRELLO, o magatello,  ottimo e  di tenerezza assoluta che, spiega il patron, era dovuta anche alla sua cottura. Nessun condimento accompagna il pezzo di carne nel forno a legna, tenuto a 100° C e poi nel forno elettrico o a gas a 240° C , per una  cottura lenta totale di  3-4 ore. Servito in fettine sottili, alcune al  naturale per essere cosparse dell’olio di Borgiona, ottima medianità gustativa al profumo di pomodoro e lievemente piccante, e alcune accompagnate da due salse: quella classica di  carota, cipolla e sedano insaporiti e frullati insieme e l’altra più nuova e interessante al topinambur.

 

NON si poteva non concludere con una fetta di torcolo, la nostra  ciambella, accompagnato dal  Vinsanto  che da  queste parti è Affumicato e Presidio Slow Food , a ricordo di  quando  il tabacco era qui massivamente coltivato e ha per lungo tempo rappresentato  e salvato l’ economia  di questi luoghi. Tanto che a San Giustino, la ex Repubblica indipendente di  Cospaia, esiste il Museo Storico e Scientifico del Tabacco, da visitare.

 

L’OLIVO ancora una volta porta con sé territori, terra e gente appassionata, storie, piatti della  tradizione, studi scientifici di interessanti novità foriere di sempre nuovi  sviluppi. Una pianta consegnataci dalla storia millenaria robusta e forte che ancora oggi racconta della perizia  dell’uomo  e di quell’amore reciproco che li unisce da  sempre.

 

NEL TESTO “Note pratiche per la razionale coltivazione dell’olivo” di Secondo Tonini  edizione del 1933 per i tipi della Cattedra ambulante di Agricoltura per la Provincia di  Perugia, (e nella edizione n.2 ampliata, dello stesso autore,  per l’Ispettorato Agrario Provinciale- Perugia, edita a cura di Tipografia Perugina già Santucci, 1937) tra le varietà  dell’Umbria viene nominata la Borgiona, “e sinonimi accertati Morcona e Borsciona”,  diffusa nell’Alta Valle del Tevere,  “ a duplice attitudine, da mensa e da olio, “ specificando che la  sua peculiarità consiste nell’avvertita sensazione di pomodoro che la  rende unica nel panorama umbro, per oli che possono risultare armonici e persistenti ,  specificando che “ sono varietà che, se dove trovansi rispondono bene, potranno essere mantenute e riprodotte.”

 

 

 

marilena badolato

 

AUTHOR - Marilena Badolato