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CREDERE NEGLI DEI: LE FORME DEL SACRO IN ETRURIA E A ROMA. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELL’UMBRIA

bronzetti votivi

ombra della sera

saetta del santuario di Monte Torre maggiore di Cesi

Orvieto-tempio di via San Leonardo

Colfiorito-Plestia

statuetta Cuius Rufius finxit

scavi duomo San Lorenzo terracotta colorata

scavi Duomo San Lorenzo decorazione terracotta colorata incenerita

Arna, la fortuna

statuetta della Fortuna

panorama da una finestra del Museo Archeologico

Il bisogno del sacro, di spiegare quei grandi eventi della natura che l’uomo ancor oggi non doma, o di risolvere i grandi problemi legati alla salute, all’amore, alla riproduzione della specie, dell’altro insomma oltre le umane limitazioni, è sempre stato presente nell’uomo. Così come i luoghi di culto da dedicare alla divinità. E all’inizio non si entrava assolutamente nel luogo dedicato al dio, il sacrificio veniva fatto soltanto all’esterno, perché quello era il luogo del dio e solo suo. Vi erano santuari importanti, quelli Federali, e santuari minori urbani e extra urbani, poi anche Sacelli, di più importanti o minori dimensioni, anche piccoli lungo le strade, un po’come le nostre cappelle o edicole votive che ancora incontriamo in qualche crocicchio di paese che ci ricordano che quel santo ha legato lì la sua storia o il suo martirio o un fatto prodigioso. Le decorazioni, gli elementi architettonici rimasti dei templi, parlano di questi rituali, così come le offerte al dio, che una volta distrutto il tempio o distrutto il sacello, per rispetto venivano sempre sepolte, perché in fondo doni alla divinità e quindi sacri, che andavano in qualche modo preservati, diventando una stipe votiva. Una specie dei nostri ex voto che ci parlano di quel santo e dei suoi miracoli. Molti di questi materiali sono in bronzo, piccoli bronzetti votivi o statue medie o grandi, rinvenuti spesso accanto a elementi architettonici decorativi dei templi come l’antefissa, che copriva, segnalava, decorava, l’ultimo coppo del tetto. Come nel Tempio di San Faustino, limitrofo a Perugia, dove insieme all’antefissa di forma mostruosa, sono rimaste decorazioni in terracotta rossastra di rose e gigli. Mentre le statuette votive in bronzo venivano donate dai fedeli come dono di sé alla divinità: spesso si donava la propria immagine per godere della protezione del dio o immagini di animali, da sempre mezzo per raggiungere o placare l’ira del dio attraverso le fumigazioni del loro sacrificio. Queste fumigazioni con l’aggiunta di incensi o erbe profumate, più tardi diventeranno quello che chiameremo profumo, cioè per – attraverso il fumo. Una bella offerta votiva è l’ Ombra della sera, dove la dimensione extra large della statuetta donata, rappresentava l’importanza del donatore o l’eccezionalità della richiesta o un ringraziamento speciale. In territorio umbro domina la figura del dio Marte, soprattutto rappresentato nel capo, e un reperto trovato nei resti del santuario di Monte Torre Maggiore di Cesi come offerta votiva, è una saetta di bronzo dorato. Anche nel santuario di Colfiorito, dedicato alle dea Cupra, una specie di dea madre della terra e dell’acqua, troviamo alcuni vasetti con iscrizioni in antico umbro mescolate a iscrizioni latine, infatti qui i Romani fondarono una specie di sede Prefettizia. Tra gli ex voto di epoca romana, alcuni rappresentano parti anatomiche salvate o da salvare, spesso erano gambe o piedi se si voleva propiziare un viaggio. Nel settore della necropoli perugina spicca una statuetta di un culto forse riferito a un ambiente silvestre, venerata in un piccolo sacello lungo le strade con il nome del suo artefice: Caius Rufius finxit, Caio Rufo plasmò. Negli scavi sotto la cattedrale di Perugia all’interno del muro etrusco, sono state ritrovate antiche terrecotte a colori, e matrici per fabbricare terrecotte rappresentanti Eracle, alcune delle quali con tracce di cenere che dimostrano il violento incendio del 40 a.C.. Il tour si chiude con la Fortuna Bona, la statuetta della fortuna, la divinità della salute con capacità oracolare, una donna con serpente e cornucopia, simboli di fortuna e divinazione. Era detta Arna, forse da Civitella d’Arna dove Arna era la dea etrusca che proteggeva la cittadina, divenuto poi appellativo trasferito in epoca romana genericamente alla fortuna.

Visita curata da Silvia Merletti

Prossimi appuntamenti Museo Archeologico Nazionale dell’ Umbria-Perugia:

Venerdì 14 giugno, ore 17. In venti minuti: Per grazia ricevuta. Ex voto antichi e moderni

Sabato 15- domenica 23 giugno. Sala dell’Oratorio: La memoria del XX Giugno nei labari della Società di Mutuo Soccorso.

marilena badolato maribell@live.it

antefissa

decorazioni di rose e gigli

AUTHOR - Marilena Badolato