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IL PANE

pani di farro

pani di farro

Giri del gusto, ho scelto questo titolo per la mia rubrica nel periodico Riflesso, perché saranno giri, tour gastronomici alla scoperta di gusti nuovi e antichi, di realtà del nostro territorio, ma anche giri intorno al pianeta gusto, innovazione e tradizione, trend del momento, storia alimentare. Giri culturali insomma intorno al tema enogastronomico.
La cucina è una pratica culturale, risponde a criteri geografici di approvvigionamento, ma anche a usi, costumi ereditati, tradizionali e adattati poi alla società in cui essa viene praticata, apportando modifiche, innovazioni. Facciamoci un giro sul pane allora, elemento-alimento primario. Pane, panis, impasto di farina di cereali e acqua. Cibo e nutrimento per il corpo e lo spirito. Accompagna sin dalla notte dei tempi i piatti, la cucina: cumpanaticum, ogni preparazione che si poteva accompagnare con il pane. Pane ovunque, nei proverbi nei detti nelle citazioni: pane di vita eterna, il pane quotidiano, il pane degli Angeli, ma anche il pane della scienza, buono come un pezzo di pane, rendere pan per focaccia, guadagnarsi il pane da vivere, togliersi il pane di bocca, e tanti e tanti. Fino al massimo della bontà: sapere di pane. Pane, uno dei vocaboli più conservativi della lingua e nello stesso tempo con più varianti lessicali: rosetta, mantovana, spaccatina, puccia, cornetto, mica e michetta, crocetta, coppia ferrarese, spiga e tanti altri. Pane come fattore identitario fortissimo, ma anche come recupero del “mangiar bene e sano”. Il nostro pane umbro è senza sale, sciapo, sciocco. Geograficamente lontani dal mare e quindi dalle saline, l’approvvigionamento del sale era per noi costoso; i nostri piatti poi erano molto saporiti, cacciagione, carni arrostite sulle braci, salumi affumicati davanti ai camini: c’era insomma già tanto aroma, tanti profumi, tanto gusto nelle nostre preparazioni, che di sale non ce n’era proprio gran bisogno. Inoltre, dal 1540, per non pagare ulteriori gabelle sul prezzo già caro del sale, i perugini cominciarono a farne a meno, e il pane fu la prima cosa da provare senza aggiunta di sale. Ci si accorse che non era poi tanto male, soprattutto se si cuoceva in quei forni a legna, che davano il buon profumo della legna all’impasto. I nostri pani umbri, nei formati filoni, filette, filoncini, sono il casereccio, profuma di buono, di farina macinata a pietra, ricco di proteine e oli essenziali e con il lievito madre, che ne preserva la bontà per giorni e giorni; la ruota umbra, caratteristico pane di farina integrale, discendente dal pane quadratus latino, superficie con vistosi tagli, che rappresentavano la “ filosofica quadratura del cerchio”; il pane di Terni, tipica pagnotta da un chilogrammo di peso, cotta nel forno a legna e con il suo marchio impresso; il pane di Strettura, dal nome del paese la cui bontà dipende dalla qualità dei cereali e dall’acqua di sorgente del luogo, poi pani di farro, pani integrali, pani di crusca, i pani conditi, il nociato-caciato, pane con olio pecorino e noci. L’Associazione “Città del pane”, che raggruppa comuni italiani che hanno nella loro storia il pane come protagonista, vede la città di Corciano organizzare da anni Pane in Comune e Pane in Piazza, festa del pane a 360°, arte della panificazione, lezioni sul pane, degustazioni, con la partecipazione di diversi forni del nostro territorio: la Forneria di Corciano, il Forno di Pioppi, i Molini Popolari riuniti di Ellera, la Panetteria Grifo, la Panetteria Fiorucci, il celebre Forno Faffa di Ponte Valleceppi, primitivo molino, poi forno storico per storico pane dal 1851, cotto nel forno con legna di macchia mediterranea non resinosa. Molto richiesto l’ultimo nato: il rustichello, con farina grossolana macinata a pietra, fatto riposare in un letto di farina di crusca e infornato poi nel forno a legna…

Pubblicato su www.riflesso.info

AUTHOR - Marilena Badolato