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FAVE, PECORINO, OLIO E IL MESE DI MAGGIO A CASA DI GIOVANNI BATTA.

CANTAMAGGIO, PIANTAMAGGIO affondano le proprie radici in antichissime forme culturali propiziatorie agresti. La natura si esalta e sbocciano fiori tra i canti degli innamorati. A rinnovellare  un tempo fortunato dove gli opposti si riconciliano in nome della Primavera che rinasce nei nuovi raccolti. Il Sole scioglie l’inverno, la Luce trionfa sul buio in questa stagione magica, dove anche le ricette raccolgono i nuovi frutti primaverili, in un intrigante mesclum.

 

SALTARELLO, quadriglia, furlana, manfrine, tresconi (nel Medioevo “tresca” era il ballo in tondo), e canti e stornelli  interpretati oggi qui in casa Batta dal maestro e artista Peppe Fioroni con il suo prezioso organetto che ricorda a noi tutti il loro significato beneaugurale. Semplici ritornelli rimati che documentano un senso gioioso e ironico del vivere, capace di suscitare il sorriso.

 

LA  SCARSA DIGERIBILITA’ della fava, un tempo ingerita con il baccello, spiega l’accezione negativa attribuitale da Plinio in epoca romana, che narra di incubi “ digestivi” notturni nei quali le divinità comunicavano i cattivi presagi o apparivano le anime dei defunti. Del resto le fave sono state da sempre accostate al mondo dei morti  e la ricorrenza del 2 novembre è infatti legata ancora a questo rituale a tavola. Ma poiché la morte richiama indissolubilmente la vita in un ciclo che termina e sempre si rinnova,  si iniziò ad attribuire alle fave, anche per la loro forma, un valore erotico ed afrodisiaco. Si utilizzarono così per celebrare la dea Flora, protettrice della natura in fiore, della rinascita e della fertilità e nella  tradizionale festa comparve il lancio dei baccelli  per augurare fortuna e ricchezza. Da questa usanza nacque un’altra credenza popolare: era buon auspicio trovare 7 semi invece di 6 nello stesso baccello.

 

COSI’ LE FAVE , tra i primi frutti di maggio, a casa di Giuliana e Gianni Batta ogni anno sono protagoniste del rito dedicato agli amici più cari. Fave e pecorino, secondo nostrana tradizione; olio buono su pane bruscato, rituale di una casa frantoiana; uova strapazzate con gli asparagi che crescono copiosi  qui a San Girolamo ai piedi degli ulivi secolari dell’azienda; la scafata, il matrimonio delle fave con i primi carciofi o le tenere foglie di bieta che fanno capolino nell’orto novello, che cadono tutti insieme nel tegame in una odorosa e golosa, grazie ai dadini di pancetta, composizione. Qualche fetta di buon salame, come vuole la tradizione ligure del “fave e salame”, e fior di latte e pachino da gustare con l’olio aromatico Batta di olive macinate con basilico fresco. Non possono mancare i dolci tozzetti con il Vin Santo.  Fave e pecorino e olio di Gianni e Giuliana per augurare a tutti felicità e prosperità.

 

CURIOSITA’: LA MINESTRA DELLE VIRTU’. In Abruzzo, per i giorni di Calendimaggio, si preparava la “minestra delle virtù” che voleva riproporre le doti richieste alla donna, rappresentare la sua  buona volontà,  la saggezza e fantasia. Sembra di antichissima origine romana, secondo la ricetta canonica dovevano essere presenti sette diversi ingredienti: sette legumi secchi rimasti dalla provvista invernale, sette verdure nuove offerte dalla stagione primaverile, sette legumi freschi, sette condimenti, sette qualità di carni e sette di pasta con l’aggiunta di sette chicchi di riso. Il tutto doveva cuocere sette ore perché il minestrone acquistasse le sue magiche virtù: “ raddoppia, raddoppia lavoro e travaglio, ardi foco, gorgoglia caldaio!” (W. Shakespeare, Macbeth)

 

 

 

marilena badolato

 

AUTHOR - Marilena Badolato