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PROFUMO DI DONNA: COSMESI E BELLEZZA NELL’ANTICHITA’. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELL’UMBRIA

Profumo di donna oggi lungo le sale, splendide, del nostro Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, qui a Perugia.

Suppellettili, accessori, manufatti che parlano nei millenni di noi donne, dedicato a noi insomma. Il mondo femminile in epoca etrusca e romana dal V. sec a.C  fino all’età imperiale, filtrato attraverso i nostri oggetti.

Partiamo dalla donna etrusca che ha una sua fisionomia sociale ben delineata: partecipava alla vita sociale e poteva prendere parte ai banchetti insieme agli uomini. Questa importanza è ben visibile nei doppi cognomi etruschi, quello femminile affiancato sempre a quello maschile. Nell’urna etrusca di Casaglia, zona limitrofa alla città di Perugia, la defunta sul coperchio è in un momento di intimità conviviale insieme al marito. Il rilievo scolpito poi sulla fronte dell’urna è il saluto d’addio tra coniugi accompagnati da un servitore, lui, e da un’ancella, lei. Lei veste un abito  a pieghe, sormontato da un mantello e con una cintura dorata in vita- ci sono rimasti frammenti di colore-, in mano ha il ventaglio, che tornerà spesso rappresentato come oggetto importante, il più pregiato sarà di piume di pavone, ma anche d’osso. I capelli sono raccolti con una acconciatura, elemento importantissimo per gli archeologi per datare giustamente un’epoca storica, semplicemente fissata sulla nuca da un piccolo chignon, e porta un bracciale, l’armilla, in alto, sull’avambraccio. Bella questa donna etrusca, importante e sobria, anche nell’aldilà insieme al suo compagno, a sottolineare un prossimo arrivederci. La sua ancella, particolare che si ritroverà in altre urne, tiene in mano una scatola-contenitore,verosimilmente un porta-trucco che era in legno, osso e metallo, che poteva contenere una boccetta con unguento, un pettine d’osso e uno specchietto fatto da una lastrina di bronzo. Praticamente lo specchio da borsetta, il pettine e il profumo dei nostri giorni! Altra urna degna di nota è la 145, con un personaggio maschile a lato, che dal copricapo identifichiamo in Ulisse e due donne, una al centro, seminuda, e a lato la sua ancella che le tiene davanti al viso uno specchio. E’ sicuramente rappresentato un momento di toletta femminile e poiché è anomala la presenza maschile, la donna è quasi certamente Circe, la seduttrice, l’ammaliatrice, la detentrice dei segreti magici, di pozioni e intrugli d’amore. Nell’urna 234, insieme ad un gruppo d’ossa, poiché è una deposizione secondaria del II sec. a. C, troviamo due orecchini d’oro, due bellissimi cerchi che certo parlavano della condizione sociale della defunta.

Entriamo nel salone degli Umbri e degli Etruschi. E’ di una bellezza mozzafiato, siamo nella primitiva chiesa di San Domenico, quella del 1200: in questa lunga sala, un ipotetico Tevere divide le teche di destra, etrusche, da quelle di sinistra, umbre, per ricreare un po’la divisione geografica di queste due popolazioni preromane che popolavano l’Umbria.

In una teca etrusca un grande vaso riproduce iconograficamente una scena di tolettatura femminile, lì accanto pettini con denti più stretti e più radi, proprio come quelli odierni, e specchi con la parte del dorso incisa: lo specchio col tempo si riduce in grandezza e diventa da più piatto a più concavo, ovviamente l’immagine non sarà stata così nitida, ma era sufficiente per vedersi più belle dopo gli unguenti e i trucchi colorati. Incisioni riportano Afrodite con i Dioscuri, oppure Eracle che viene incoronato da Mean, una divinità minore etrusca. Vari orecchini in oro a tortiglione o a filigrana parlano della perizia etrusca nell’arte orafa e dell’uso muliebre di indossare orecchini, bracciali, e anelli d’oro al dito, questi ultimi sia maschili che femminili.

Un’altra teca racchiude coppe multicolori in vetro a mosaico, della prima metà del II secolo a. C. e ritrovate di recente, nel 2007, nella zona di Todi. Profumo d’arte: canne colorate di vetro venivano spezzettate e poi fuse e fatte colare all’interno di coppe, per conferire quella forma. Coppe che sono oggi un caleidoscopio di colori e di trasparenze. Anche coppe ialine, così affascinanti. Accanto incensari, o brucia profumi in bronzo, per profumare la casa. In un angolo una vetrina racchiude con tutta l’oreficeria etrusca, orecchini, anelli, in bronzo e oro e, reperti interessanti a confermare le teorie dei Celti presenti nel nostro territorio dell’Appennino centrale, due bracciali di vetro di foggia celtica.

In un contenitore, protetto in tutta la sua bellezza e importanza e maestosità, c’è un solo orecchino, grande; l’altro, il suo gemello, è al British Museum. Viene dalla necropoli di Santa Caterina, appena fuori le mura urbiche di Perugia, di produzione e disegno tarantino, con lamine d’oro, con struttura tubulare, con granulazioni (che erano lamine d’oro a piccoli pezzi portate a temperatura di fusione e mescolate a polvere di carbone, così che rimanessero divise in piccoli  granuli e non si riaggregassero), con filigrana di sottili filamenti d’oro poi attorcigliati: insomma sembra che tutte le tecniche dell’oreficeria del mondo siano presenti in questo orecchino che incanta per la sua bellezza.

Di fronte è ben visibile un altro paio di cerchi in oro con accanto una reticella, sempre in oro a più fili: serviva a tener raccolti i capelli in una acconciatura, bellissima.

Passando al mondo romano, e siamo all’interno dell’ex convento e proprio nelle celle dei frati, vediamo una scultura che è un ritratto di giovane donna di epoca neroniana. Qui l’acconciatura dei capelli svela una maggior attenzione verso la capigliatura muliebre: riccioli stretti e fitti incorniciano il volto per dare più eleganza. Siamo nel I secolo d.C e la padrona, la domina, aveva la sua “ornatrice”, l’ancella che l’aiutava a creare queste “impalcature” che, in epoca flavia, saranno così elaborate, da diventare sinonimo di elevato rango sociale. Addirittura venivano commissionate agli scultori acconciature mobili, da poter staccare dal proprio busto, per poter seguire meglio le mode del momento. Ovidio attesta questa passione delle donne romane verso le acconciature dei capelli, l’uso di tingerli con tinture vegetali, prima tra tutte l’henné, ed i colori che distinguevano spesso il censo: le cortigiane dipingevano i capelli di arancione o di celeste, le matrone più ricche li dipingevano d’oro. Sempre nel I secolo, gli unguentari romani raggiungeranno una perfezione artistica, soprattutto quelli in vetro soffiato, tecnica importata dalla Siria. Grande interesse del mondo romano verso tutto il mondo della cosmesi a cominciare dalle Terme. Nelle Terme romane, osserviamo quelle dell’antica Mevania (attuale Bevagna), erano quattro i rituali da seguire: precedevano gli esercizi fisici in un ambiente riscaldato, una sauna la chiameremmo oggi, poi si passava al bagno caldo per immersione, successivamente in una vasca di acqua fredda, a cui poteva seguire una nuotata nella piscina, che era quasi sempre presente, e concludeva il rito del bagno, il massaggio con unguenti che avevano lo scopo di ungere il corpo, tappa fondamentale per ricostituire quel manto lipidico, diremmo oggi, certamente compromesso dall’uso di detergenti aggressivi come la soda. Interessante strumento, lo strigile, di metallo e ricurvo, per togliere l’eccesso di unguento dal corpo.

La visita guidata si conclude con una emozionante consapevolezza tattile degli oggetti. Dal magazzino del Museo, sono portati a noi visitatori, che sediamo attorno ad un tavolo e lentamente diventiamo attori della storia di quei reperti, e consegnati in mano, per un attimo nelle nostre mani: un pettine d’osso; uno specchio- lo guardo bene, è un pezzo unico col suo manico, è del III secolo e porta inciso nomi e messaggi di una donna d’altri tempi e momenti e emozioni-; un piccolo unguentario di un vetro soffiato di peso infinitesimale; una cuticola, divisa in due piccoli scomparti che serviva sicuramente a miscelare i nostri ombretti; un piattello in bronzo, forse per bruciare profumi; una spatoletta in metallo; un piccolo cofanetto in piombo, ma pesantissimo, sicuramente scrigno di qualche tesoro. Si ricompone così per magia, una toletta femminile dell’antichità. Con i presenti ci guardiamo, consapevoli del momento, dell’importanza e del fascino di quei reperti, e siamo emozionati.

La donna ha un naturale e più vivo senso di tutto ciò che è bello, grazioso, ornato. (Immanuel Kant)

Grazie alla preziosa guida di Laura Castrianni e Silvia Merletti.

Prossimi appuntamenti:

Venerdì 15 marzo ore 17  Ventiminuti con: Il canto che uccide. Rappresentazione e mito della Sirena. Da un vaso etrusco di bronzo (dinos), oggetto del Museo, si risale al mito delle Sirene e alla sua rappresentazione nei secoli. Con la competente spiegazione di Silvia Merletti.

Venerdì  5 Aprile ore 17  Ventiminuti con… Un ‘ Opera da raccontare:  Lo specchio di Elena, con la competente spiegazione di Laura Castrianni

Domenica 7 Aprile ore 16.30  Visita guidata a tema:  La guerra, con la competente spiegazione di Silvia Merletti e  Laura Castrianni

Venerdì 19  Aprile ore 17  Ventiminuti con…Un’ Opera da raccontare: Il Disco della Principessa, con la competente spiegazione di Laura Bonomi

marilena badolato    maribell@live.it        3 marzo 2013

AUTHOR - Marilena Badolato