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PERUGIA E IL SUO ARCO ETRUSCO: UNA BIANCA BELLEZZA.

ARCO ETRUSCO DISVELATO, liberato dai veli e dai ponteggi e pronto per essere mostrato nella sua bianca bellezza, una riconquistata libertà di apparire e d’essere, recuperato e restaurato, scomparse anche le tracce dell’incendio di oltre duemila anni fa e dello smog odierno, che oscuravano la scritta dedicatoria “Augusta Perusia” del I sec. a .C, di un bel timbro cromatico rosso rubino ottenuto con l’antica tecnica della “rubricatura” e anche la scritta più piccola di “Colonia Vibia”, a commemorazione del titolo assegnato a Perugia dall’imperatore Caius Vibius Trebonianus Gallus (251-253). Magia di una costruzione etrusca di precisione simmetrica e non altro a fare da collante. Pietre che in alcuni punti della cinta muraria sono marchiate dal lapicida che voleva indicare la cava di provenienza. E nell’Arco, dopo queste opere di ripulitura e restauro, appare anche più evidente la bella loggia sul torrione di sinistra, del XVI secolo, che crea un insolito contrasto tra la grandiosità della porta e la ariosità rinascimentale, uno degli esempi di sovrastrutture quattro- cinquecentesche di piccoli archi e porte e stipiti aggiunti. Al di qua, verso l’interno, le pietre dell’Arco appaiono ruvide, mentre nella parte esterna le pietre furono collocate allisciate, forse con lisciatoi di pietra e con sabbia, con il doppio scopo di impedirne la scalata e di poter ammirare l’Arco nel suo splendente biancore. Così che oggi una luce diversa irradia il monumento: sulle pietre levigate scivola con una illuminata morbidezza, ma le pietre più scabre e ruvide, appunto non rifinite, la luce rende vibranti d’atmosfera. E in alto il vento porta, tra le fessure, piccoli ciuffi di verde, dove al tempo degli Etruschi cresceva il prezzemolo, il “petraselinon” e in basso i nostri orti medievali che ancora, tra le case distribuite lungo l’antico acquedotto, contengono tra sprazzi di verde, spontanee piante di fico.

 

BENEAMATO SIMBOLO PERUGINO, INSIEME ALLA FONTANA MAGGIORE FORSE IL PIU’CARO, da sempre chiamato Arco etrusco. Per erigerlo, come per le altre mura, gli Etruschi sagomavano le pietre a forma di parallelepipedo. E ognuno di questi elementi veniva quindi posto in opera a filari “isodomi” (gli stessi), utilizzando blocchi della stessa altezza e di uguale spessore disposti in modo tale che la giuntura tra gli elementi di ciascun filare corrispondeva circa al centro del blocco del filare sottostante e di quello soprastante. Stessa tecnica ripresa anche dai romani che la definiranno “opus quadratum”. Altro elemento ritrovato, in un interstizio tra due blocchi di pietre all’altezza di circa due metri dalla superficie stradale, è una moneta risalente agli inizi del XVI secolo, protetta da un velo di malta. Per questo oggi verrà coniata da un “fabbro medievale” una nuova moneta, a ricordo della giornata, dedicata alla nostra città e all’evento. E tornerà persino a sgorgare acqua dalle teste di leone della fonte barocca ai piedi del monumento, ristoro ai viandanti di un tempo. I lavori sono stati sostenuti interamente dalla Fondazione Brunello Cucinelli, ed eseguiti a cura del Comune di Perugia, Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Umbria, della Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria, della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici dell’Umbria.

 

Desta stupore rivedere il suo colore ritrovato. La “Porta pulchra” era detta, chè era infatti la più bella, e la più bella è ancora oggi.

 

marilena badolato 20 dicembre 2014

AUTHOR - Marilena Badolato