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UMBERTO RAPONI CI HA LASCIATI.

E NOI amici di famiglia siamo ancora increduli che non sia riuscito, col suo sorriso sornione, a cancellare col suo tratto anche la morte con quella visione ironica e disincantata della vita.

 

ARTISTA eclettico, versatile grafico, fine umorista, creativo dalla fantasia inesauribile, incisore, poeta. Disegna o scolpisce, oppure scrive, creando sempre segni e sogni. Ironizza, sorride, critica, irride, ma se pur graffia e scalfisce, lo fa per ricostruire poi a modo suo: incide per lasciare un segno che “ricopre” di nuovi significati. Uno smontare e assemblare di nuovo, tecnica molto vicina a quella gastronomica di trasformazione della materia prima in qualcosa "altro": è questo il cucinare, il trasformare togliendo la parte inutile di un alimento, scartando e limando, per creare una diversa realtà, una ricetta, un piatto.

 

TUTTO in Umberto è un magico incastro. Anche le parole non si limitano ad agganci con il reale e l’onirico mescolati insieme, ma risalgono addirittura all’etimo in un gioco dove l’assurdo sembra reale e il vero è ammantato, vestito di affascinante ironia.  In Lui vi è al di là dell’apparente scanzonata ironia del mondo e delle cose, una filologia del tratto. Il segno universalmente riconosciuto con Lui diventa significante/significato/significabile. In questo è un ricercatore spontaneo, ma non troppo visto che attinge al tavolato delle idee, della radice storica ed etimologica di quel suo segno che diventa allora simbolo e va anche oltre la sua stessa veste simbolica. Uno di questi simboli ricorrenti è gastronomico e questo principalmente, nella nostra storia, ho fatto mio: c’è spesso nell’Umberto gourmet e appassionato conoscitore un richiamo ad un sapore, un aroma, un gusto, un piatto anche della sua infanzia, una ricetta passata, presente e anche futura quando la immagina per sorriderne un po’. Alcune sue raccolte di scritti sono addirittura dedicate ad una componente gastronomica, per non parlare dei suoi creativi manufatti: tazze, piatti posaterie rappresentati forati, quando il loro scopo è quello di contenere, o rovesciati, modificati nella forma, quando la loro finalità è di apparire nella loro integrità o linearità interpretativa, dissacrandoli quindi, ma sempre con affettuosa partecipazione e quel sorriso un po’ ironico, un po’ triste. E ancora l'insalatiera in ceramica dedicata a Perugia-2000 con i principali monumenti della città disegnati accanto alle erbe spontanee, o le numerose tazze per la cioccolata, create in occasione di Eurochocolate, con annesso il relativo dito da "intingere" nel cibo degli dei o le gocce che cadono dalla tazza fin sul piattino, che rappresentano ancora le sue tante idee in libertà.

 

DISSACRATORE, prende la tradizione e la rovescia come un calzino. Da fine conoscitore della materia la plasma ai suoi voleri, ai guizzi della mente e così il cibo e il corollario che lo accompagna, diventano, sotto le sue mani, creazioni mentali: l’alimento e gli strumenti per assaggiarlo con ironia. Così ad esempio nella mostra Eno& Gastro, durante l’Agosto corcianese, Umberto ancora una volta ci ha sorpreso con intelligenza e sorriso. Alimentazione non solo come cibo, ma come immaginazione, collegamento extra-sensoriale con quello che da sempre connota la nostra esistenza, immaginario collettivo e individuale. Poiché se il cibo veramente rallegra la mente, oltre che lo stomaco, Umberto ne conferma l’assioma con le sue opere: i “ Gretti ai burri della Valtiberina”, un piatto bianco e vistosamente “grettato”, riferimento lampante nel colore e nelle crepature create sulla bianca burrosa superficie ai famosi "Gretti" di Burri, omaggio tra il serio e il faceto all’illustre artista umbro di Città di Castello; la “Pignatta con i maccaroni” in terracotta, creata per raccontare l’aneddoto di un immaginario dialogo giornaliero tra il pittore Pietro Vannucci, il “Perugino” e sua moglie. E ancora le “Sorelle d’Italia” la pasta nel formato di farfalle bianco-rosso-verdi, o l’“Involtino”, un piatto arrotolato su sé stesso con i salumi umbri- capocollo, coppa, salame-; il "Piatto che non contiene" e le numerosissime "Bruschette": quella "del sacrestano", "la trasformista" di centro destra o di centro sinistra a seconda da come la si giri, la "bruschetta svizzera" con i fori originali a imitare la groviera. Ne “La bruschetta del fachiro laureato- modi insoliti e stravaganti di fare bruschette” (1996) troviamo la “Bruschetta all’aglio virtuale”: “abbrustolite la fetta di pane sulla graticola. Al momento di passare l’aglio, quando qualcuno tra gli invitati inevitabilmente dirà: “a me poco aglio…per me niente aglio”, sollevate di un centimetro lo spicchio d’aglio dalla fetta, fingendo l’operazione di strofinamento. Il calore del pane attrarrà l’odore dell’aglio, quanto basta per dargli un lievissimo e delicato profumo”.

 

NOTIZIE, citazioni, aneddoti, omonimie, modi di dire, proverbi, frottole, sentenze, bizzarrie, calendari, cose stravaganti, insolite e impossibili, ma con lui probabilissime. “Il verso sdrucciolò”, “Nuvole a biocchi,” “Distanza di fuga”, “Riflessione” - piccola pubblicazione del 1978; - “Off limits 2”- pagine bianche del 1994-; " Morte di un poeta visivo e altre storie vere, verosimili e immaginarie"; “Uno, Du2, Tr3…tocca a te!” dell’ottobre 1970, numeri e numeri, dedicato ai bambini e alla figlia Paola. E molti altri, tra cui l’ultimo “ Le nuvole il verde e l’anima” cronistoria di Umberto Raponi e Luciana Bartella sulla strada della vita e dell’arte, con tante foto di una vita passata insieme, dove Umberto si chiede: Nel recinto dell’orto mi sono sempre chiesto : è la Salvia che fa compagnia al Rosmarino o è il Rosmarino che fa compagnia alla Salvia..?

 

LE sue novelle sono un nuovo linguaggio, l'annuncio di un insolita visione, una  “trepidazione culturale”, una storia fantastica e d'immaginazione,  spensierata e nello stesso tempo dai forti contenuti spesso “futuristi” nei tratti grafici e nelle espressioni. Nella storia ad esempio “ Il laboratorio  delle cinque” Umberto descrive quelle miracolose noci di San Giovanni, cantate nella magica notte dove sacro e profano convivono nella storia degli uomini, che sono gustate, insieme ad alloro e miele, durante “un’ora di emozionabile laboratorio del gusto,  con una golosa azione di  trascinamento del composto tra denti e foglia…”. O nella novella “La sedicesima pralina” dove il protagonista, un goloso maniacale del cioccolato e di tutte le sue implicazioni, utilizza il “cibo degli dei” come materia base per la sua produzione artistica: Il Cioccolato come Arte e l’Arte come Cioccolato”: dopo aver plasmato la sua vita come un’immensa pralina nera, si autodistrugge, consapevole della fine, e anzi quasi accelerandola grazie a una sorta di irrefrenabile, compulsivo autocannibalismo.

 

Ne "Le attrazioni di Luca e altre storie vere, verosimili e immaginarie", gli elementi mangerecci che qui appaiono- e sono presenti in quasi tutti i racconti elementi legati alla salubrità del cibo o ad un’arte primigenia del mangiar bene- fanno da supporto al mondo descritto e, seppur brevissime incursioni, lo reggono a meraviglia e lo colorano di sapore. Le immagini dei protagonisti, grandi o piccoli, adulti e ragazzi, sono incollate dal gusto del ricordo di una condivisione alimentare, dove il cibo diventa insomma il trait d’union tra conoscenza, memoria e sogno.

 

E l’Umberto si rivela nei versi di un componimento presentato all’ evento “Riflessi Diversi” dei Poeti Irlandesi presso la Torre dei Lambardi di Magione: le “Scapigliate verze-Sogno bohémien/ The dishevelled kale- Bohemian dream: la sua metafora di vita, le speranze giovanili di non essere mai allineato, una scelta importante e fondante. Volontà di non essere “chiuso” dentro l’esatta geometria dell’orto, ma di stare sempre dalla parte delle libere e scapigliate verze: [..] io sto decisamente dalla parte dei cavoli in fiore e delle scapigliate verze / I am definitely on the side of the flowering cabbages and the dishevelled kale.

 

LA SUA è un’opera metastorica senza tempo, senza età, ogni lavoro è perfettamente leggibile a distanza per la sua intelligenza, leggerezza e ironia…come metastorica sarà sempre la nostra amicizia nel ricordo dei giorni felici passati anche insieme a Luciana con mia madre e mio fratello nella loro casa, il buen retiro di San Feliciano che tanto ha regalato alle opere di entrambi questi due nostri grandi artisti.

 

LUOGO di ispirazione, dove l’estro creativo trova il terreno giusto per esprimere il lago, la luce, il verde del paesaggio, la serenità umbra pervasa dal sogno e insieme la voglia scanzonata di descriverlo. Come si legge nella poesia “Quartetto” che ci offre una composizione anche visiva del Raponi dissacrante,“futurista” creatore di immagini-suono. Le strofe sono infatti divise nel mezzo, come tagliate da un raggio laser che spinge visivamente i versi a lato, in modo tale che l’ultima parola slitti verso la successiva. La musica è ovunque: dall’ aia di un vecchio casolare abbandonato il suono, come per magia, si propaga al letamaio e si impenna nell’aria e trafigge, come raggio laser, il vicino paesaggio lacustre travolgendo così animali, piante, vecchie case e la superficie increspata del lago. […]  Da lì, con un angolo di 45 gradi, il suono si riflesse sulla mattonella di “Case sparse 35 Monte del Lago” per precipitare come raggio laser in una lunga linea retta sul pendio della collina. Dapprima sfiorò gli olivi argentati, poi nel bosco sottostante si fece strada tra i grovigli del vischio delle querce. […]

 

 

CIAO UMBERTO

marilena

 

 

AUTHOR - Marilena Badolato