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E LA CULTURA NON SI FERMA. OGGI SI FESTEGGIAVA L’ “OTTAVARIO” DI PASQUA.

OTTO GIORNI DOPO i discepoli erano di nuovo in casa e questa volta c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, tendi la tua mano e mettila nel mio fianco e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

 

QUESTA era in origine la festa “Ottava di Pasqua”, oltre che Domenica in Albis ovvero di colore bianco, quello che la liturgia usa in questo tempo di Pasqua per indicare la luce, la risurrezione e la vita. Dalla locuzione latina in albis vestibus, cioè  in bianche vesti, poiché il Battesimo  veniva somministrato durante la notte di Pasqua e i battezzandi indossavano una tunica bianca che portavano poi per tutta la settimana successiva, fino alla prima domenica dopo Pasqua, detta perciò "domenica in cui si depongono le vesti bianche" in albis depositis o deponendis.

 

COSI’ un tempo, e poi non così lontano, oggi festeggiavamo l’ "Ottavario" di Pasqua, cioè esattamente gli otto giorni che seguivano questa festa molto importante. E come sempre si festeggiava anche a tavola, rigorosamente di nuovo con tutti i cibi pasquali. Tornava la nostra torta al formaggio (se mai se ne fosse mai andata dalla mensa durante tutta la settimana), il capocollo e le uova sode, spesso ancora l’agnello o le frittate con i prodotti dell’orto, i carciofi novelli o gli asparagi che coglievamo nei boschi, senza allontanarci troppo da Perugia, bastava recarsi  fuori le Mura di Porta Sant’Angelo, appena passato il Cassero, chè conoscevamo già i luoghi dove la pianta si riproduceva. E la nostra ciaramicola, rossa d’alchermes e bianca di albumi montati a neve con lo zucchero, appena pennellata la superficie con questa preziosa meringa ricoperta poi di colorati confettini dove spiccavano quelli argentei.

 

E SPESSO era stracciatella in brodo, con quella torta ormai troppo asciutta che si grattugiava e univa insieme alle uova sbattute, ovviamente creando un piatto molto più godurioso…anche perché era stata benedetta e non si doveva sprecarne nemmeno una briciola.

 

PER QUESTO MOTIVO  soffriamo molto di questi nuovi tempi, di questa clausura necessaria e quasi asettica, e il ricordo brucia insistente di tavolate grandi, di parenti o amici festose, di cibo condiviso, di quel vino rosso di casa o dell’olio che scendeva copioso su asparagi, su fave e  carciofi, su insalate novelle del ricordo.

 

HO cercato anche oggi di riprodurre in bocca quei sapori, oggi che non posso andare a cercare asparagi, che non posso trovare i carciofi novelli o cogliere le insalate misticanze. Oggi però che le mie rose sono già fiorite…

 

E saprò accarezzare i nuovi fiori, perchè tu mi insegnasti la tenerezza. (P. Neruda)

 

 

#IORESTOACASA

 

marilena badolato

 

AUTHOR - Marilena Badolato