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GARDEN CLUB PERUGIA: GIULIA, ENRICHETTA, TERESA: LE DONNE DEL MANZONI.

LE DONNE della vita del Manzoni, a 150 anni dalla sua morte. Una interessante e articolata incursione nella vita dell’autore dei Promessi Sposi, tenuta per il Garden Club perugino da Romanella Gentili Bistoni. Da Milano a Parigi, a Firenze, don Lisander visse una lunga vita tra Settecento e Ottocento popolata da donne. Dalla madre Giulia Beccaria, intelligente, volitiva che avrà un grande ascendente sul Manzoni, alle due mogli: la mite, remissiva e cattolicissima Enrichetta Blondel e Teresa Borri Stampa, donna colta e indipendente. Senza contare l’amicizia con Clara Maffei che lo introdusse nel suo famoso salotto letterario milanese frequentato dai grandi nomi dell’epoca.



UN LUNGO RACCONTO, ricco di particolari anche intimi che mettono in luce l’importanza delle donne nella vita dello scrittore e che probabilmente influenzarono le protagoniste del suo più famoso romanzo. L’infanzia vissuta in collegio, già a cinque anni presso quello dei padri Somaschi a Merate e poi nel 1796 presso quello dei padri Barnabiti, perchè figlio di una relazione extraconiugale di sua madre Giulia Beccaria con Giovanni Verri, che porterà quindi il marito Pietro Manzoni esponente di una nobile casata di Lecco a riconoscere il bambino come proprio per evitare scandali. Al naufragare del matrimonio la madre si trasferisce in Francia e Alessandro solo nel 1805 la raggiungerà a Parigi dove viveva con il nuovo compagno Carlo Imbonati. E Manzoni scoprì di avere una madre: le loro strade, divise sino ad allora, si incrociarono per non lasciarsi più. E fino al 1841, anno della morte della Beccaria, i due instaurarono un rapporto strettissimo la cui profondità emerge dalle lettere dello scrittore in numerosissime occasioni. Già il 31 agosto 1805 rivelava a Vincenzo Monti che ammirava e aveva frequentato a Milano, di aver trovato “la mia felicità […] fra le braccia d'una madre”, e di non vivere che “per la mia Giulia”. E la madre, che era una donna di mondo (figlia dell’illuminista Cesare Beccaria), riuscirà a legare a sé questo figlio quasi sconosciuto, a interessarsi di lui, a introdurlo nel mondo culturale parigino, a raccontargli la verità sulle sue origini, ma anche la verità del suo rapporto con l’Imbonati. Il carme scritto da Manzoni "In morte di Carlo Imbonati" è un omaggio a sua madre, una sorta di riconoscimento di una paternità che non esiste, ma che lui comunque sente. Conosce, sempre grazie alla madre, Enrichetta Blondel e rimane incantato dalla dolcezza e purezza della fanciulla e il matrimonio, che si rivelerà molto felice e sarà coronato dalla nascita di almeno dieci figli, fu celebrato il 6 febbraio 1808 a Milano prima con rito civile presso il Municipio e, quarantacinque minuti più tardi, con rito calvinista in via del Marino, dove si trovava la casa dei Blondel. E i novelli sposi, sempre accompagnati da Giulia, si stabilirono al numero 22 del Boulevard des Bains Chinois, a Parigi. Nello stesso anno, il 23 dicembre, nasce la primogenita Giulia Claudia. Nel 1810 la coppia si ritrasferi stabilmente a Milano e qui Alessandro Manzoni si dedicherà alle sue principali opere in prosa e a uno studio attento sulla storiografia e lingua italiane. Un lutto doloroso sarà la morte della figlia Clara e possiamo immaginare che lo stesso dolore di una madre per la figlia morta sia quello raccontato nell’episodio della peste dei “Promessi sposi”.  Altri figli erano nati: Luigia, nata e morta nello stesso giorno, il 5 settembre 1811, il 21 luglio 1813 il primo figlio maschio Pietro Luigi, il 25 luglio 1815 Cristina, Sofia il 12 novembre 1817, Enrico il 7 giugno 1819, Clara, vissuta due anni, nell'agosto 1821, 13 mesi dopo Vittoria, Filippo nel marzo 1826 e Matilde nel maggio 1830.




ANCHE i luoghi sono importanti nella vita del Manzoni, e certamente lo è stato Brusuglio. La villa di Brusuglio è di Giulia che l’ha ereditata da Carlo Imbonati e insieme, madre e figlio, decidono di farne una casa per la famiglia, il luogo della villeggiatura e della quiete. C’è una lettera di Manzoni nella quale scrive: “Siamo qui a Brusuglio, ci godiamo la quiete, ma ogni tanto c’è qualcuno che vuole disfarsi della sua giornata e viene a rubarci la nostra”. Nel frattempo cresce intorno a loro la numerosa famiglia, ma si susseguono anche le tragedie ed i lutti, ma Giulia rimane per suo figlio prima di tutto una fonte di sicurezza e conoscenza: Alessandro è timido, impacciato e nevrotico, afflitto da quello che lui chiama “il mal di nervi”, non frequenta il mondo esterno, non esce di casa se non per le lunghe passeggiate ristoratrici. Anzi, a mano a mano che diventa una celebrità sono le persone che vengono a cercarlo a casa sua per rendergli omaggio. Nel frattempo ancora lutti famigliari: quello per l'adorata moglie Enrichetta, morta il 25 dicembre 1833 di una malattia contratta a seguito delle numerose gravidanze. Il dolore di Manzoni fu tale che, quando nel 1834 cercò di scrivere Il Natale del 1833 non riuscì a completare l'opera. Dopo Enrichetta, Manzoni vide morire l'adorata figlia primogenita Giulia, già moglie di Massimo D’Azeglio, il 20 settembre del 1834. Ma, durante una prima alla Scala, grazie alla madre Giulia e all’amico Tommaso Grossi, conosce Teresa Borri, vedova del conte Decio Stampa e madre di Stefano, una giovane donna benestante e con una posizione sociale e una cultura che le permettono di brillare nei salotti della Milano ottocentesca. Una donna simpatica, eclettica, estroversa, e il Manzoni appare a lei personalità affascinante, ha già scritto “I promessi sposi” ed è famosissimo. La sua casa di via del Morone a Milano è salotto per letterati, politici, artisti, dove direttrice di questo salotto è sempre Giulia Beccaria.




LE NOZZE si celebrano nel gennaio del 1837 ed è un matrimonio fin da subito pieno di passione, ma Teresa si ritrova matrigna di sette figli di primo letto, nuora di una suocera sempre presente e moglie di un uomo assai diverso da quello che si aspettava, pieno di nevrosi. Il Manzoni stesso diceva di sè: “Mi sunt intrigà coi donn”, sono impacciato con le donne. Si trasferirà con lei in Toscana dal 1852 al 1856 e in questi anni arriveranno anche i primi riconoscimenti per il romanzo "I promessi sposi" e la nomina a Senatore del nascente Regno d’Italia nel 1860. Teresa Borri Stampa Manzoni rappresenta una figura controversa. Durante questi anni parenti e amici ebbero verso di lei giudizi poco lusinghieri. La giudicarono per l’eccessivo attaccamento al figlio Stefano, per il modo ciarliero che aveva di conversare e di scrivere, di sentirsi “la moglie di Alessandro Manzoni”e far pesare questo suo ruolo. Commisero insomma l’errore di paragonarla ad Enrichetta. Ma quando Alessandro sposò Teresa, nel 1837, aveva 52 anni, era padre di sette figli, aveva già composto la maggior parte delle opere- gli Inni sacri, il 5 maggio, l’Adelchi, il Carmagnola, I Promessi Sposi-, aveva già iniziato l’eterno lavoro sulla lingua ed espresso le sue idee politiche intorno ad un’Italia libera e indipendente. E Teresa era bella, attraente, era già stata sposata, era finanziariamente dotata di molti mezzi che amministrava con saggezza.



 


 


UNA DONNA che gli rallegrasse insomma la vita. E Teresa fu tutto questo e Alessandro la ricambiò con grandi attenzioni, con pazienza e scrisse per lei dolci parole d’amore: “oh mia Teresa! che poca cosa è lo scriverti! ma che gran cosa quando non si può far altro”(Nervi, settembre 1846); “oggi queste due righe per dirti che sto benissimo, di che forse tu dubiti, non già quanto io t’ami e desideri di rivederti, perchè se dubitassi di questo saresti un’empia” (Genova, 13 settembre 1852); “Passeggiando per una strada che attraversa un uliveto, vidi in una macchia di melograni una cosa che mi pareva e non mi pareva: e accostatomi, m’accertai ch’era proprio una nidiata di pan porcini, gente che non mi sarei aspettato di trovare in questi luoghi. Te n’accludo uno, che t’arriverà freschissimo, per l’uso che sei solita a fare de’ fiori. Sarà un caro momento per me quando m’aprirai davanti un libro, per farmelo rivedere...” (Massarosa, 21 settembre 1852). Ma anche questa seconda moglie si spegnenel 1861 e non saprà mai dell’incarico affidato al marito presso la Commissione per l’Unificazione della lingua, a cui Manzoni presenterà la relazione Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla. Il 6 gennaio 1873 cadendo e sbattendo la testa all’uscita della chiesa di San Fedele a Milano, Alessandro Manzoni si procurerà un trauma cranico che lo porterà a spegnersi lentamente il 22 maggio successivo. Nel primo anniversario della sua morte Giuseppe Verdi, che aveva conosciuto il Manzoni nel famoso e prestigioso salotto milanese di Clara Maffei, dirige una Messa da Requiem composta in suo onore nella chiesa milanese di San Marco.







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AUTHOR - Marilena Badolato