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SANT’ERCOLANO E LE LASCHE.

LA LASCA, Protochondrostoma genei, conosciuta anche come “striscia” è una specie di pesce d'acqua dolce della famiglia dei Cyprinidae. Così numerose un tempo nel lago Trasimeno e così prelibate da essere un ordinativo fisso della Curia romana in occasione delle grandi vigilie, le “vigilie comandate”. Sembra infatti che le nostre lasche fossero le migliori e che non potessero quindi mancare sulla tavola degli alti prelati.

 

 

E TROVIAMO “LASCA” IN DANTE con il valore generico di “pesce” a indicare la costellazione dei Pesci, dietro la quale viene quella dell'Ariete che è congiunta col sole in primavera: [...] Come le nostre piante, quando casca giù la gran luce mischiata con quella che raggia dietro a la celeste lasca, turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che 'l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella [...](Purgatorio canto XXXII ,v. 52- 54)

 

 

IL NOME LASCA deriva dal longob. Aska, per il colore cenerognolo della pelle del pesce (ted. Asche "cenere"]. L’aneddotica che lega le lasche al compatrono Ercolano, di cui oggi 7 marzo ricorre il dies natalis, fa riferimento a una novella di Franco Sacchetti, inserita nel suo Tecentonovelle, opera scritta tra il 1385 e il 1392. L'autore dichiara di “voler raccontare novelle antiche e moderne, fatti ai quali è stato presente ed episodi autobiografici, in considerazione della condizione umana e dei tristi eventi che spesso la turbano, come fece con grande successo Giovanni Boccaccio. Nei racconti si parlerà di gente di ogni condizione e fortuna, si farà onore al merito e si taceranno i nomi degli autori di azioni misere o vituperose". Tutti gli episodi, benchè spesso narrati in forma romanzesca, sono ispirati a fatti realmente accaduti.

 

 

NARRA IL SACCHETTI, alla novella CLXIX, che il pittore Buonamico di Cristoforo, Buffalmacco, fu incaricato dal governo di Perugia di dipingere S. Ercolano sulla piazza della città. Concordati i particolari e il compenso Buonamico fece costruire un'impalcatura per lavorare completa di stuoie per nascondere il dipinto fino al completamento. Trascorsi alcuni giorni i Perugini cominciarono a disturbarlo più volte al giorno per sollecitare la fine del lavoro. Una volta incassato il saldo del compenso il pittore disse di voler fare qualche ritocco e quando i Perugini scoprirono il dipinto videro il santo con la testa incoronata "non d’alloro, come i poeti, non di diadema, come i santi, non di corona d’oro, come li re, ma d’una corona, o ghirlanda di lasche […] delle maggiori che mai uscissino del lago". Furibondi cercarono Buonamico, ma egli era già lontano sulla strada per Firenze.

 

 

LA PESCA DELLA LASCA costituì per lo Stato perugino una risorsa economica di primaria importanza. Il dato riportato da Bartolomeo Borghi, insigne geografo e cartografo nato a Monte del Lago nel 1750, circa il quantitativo di lasche annualmente pescato relativo al secolo XVIII, era sui 1.700 quintali. E ancora, sul finire degli anni ’20 del Novecento, si affermava che “la produzione annua della lasca è molto variabile e può oscillare da un numero di pochi quintali ad un massimo di 1.700”. Circa il consumo di questo pesce occorre ricordare come nel Trecento la metà delle 30 some di pesce giornalmente immesso nel mercato cittadino durante la Quaresima doveva essere costituito da lasche. Ciò ha evidentemente portato ad un radicamento del consumo di questo pesce e, ancora nella prima metà del secolo XX, nello studio sull’economia della provincia di Perugia da cui è stato tratto il dato relativo al quantitativo di pescato annuale, si sottolineava come se ne facesse “un grande consumo nell’Umbria, specialmente nei mercati viciniori al Lago”. La lasca quindi era tra le tradizioni alimentari dell’area lacustre e perugina e più in generale, comunque, la lasca costituiva un preciso punto di riferimento consolidato nel corso dei secoli. (Giovanni Riganelli)

 

 

 

E STAMANE la vetrina della Pasticceria Sandri, lungo Corso Vannucci, riproponeva in profumata pasta di mandorle le lasche di Sant’Ercolano. Un ricordo del Santo e di Perugia per i numerosi turisti che frequentano questo storico Caffè. E “laschina” è il nome con cui oggi chiamiamo i “latterini” del lago, gustati in una frittura che è un ghiotto finger food posto in un cono di carta paglia che può essere assaporato passeggiando sulle rive del Trasimeno, una soluzione golosa, veloce e low cost per chiunque voglia concedersi la trasgressione di un cartoccio di pesce fritto.

 

 

P.s in perugino “lasca” era, ai miei tempi, la minaccia di un “manrovescio”che doveva lasciare un segno su una guancia… forse perchè il pesce“lasca” è conosciuto anche con il nome di “striscia”, appunto?

 

 

 

marilena badolato

AUTHOR - Marilena Badolato