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TEATRO MORLACCHI-PERUGIA: LA MIRANDOLINA DI SONIA BERGAMASCO.

DONNA D’AFFARI, MIRANDOLINA, la locanda è il suo mondo. Quella “pignatta” rossa, perennemente sul fuoco e illuminata sempre al centro della scena, emana un profumo di brodo caldo, antesignano di una “zuppa” piatto forte delle locande italiane dell’epoca, dove in fondo può entrare una grande varietà di ingredienti. Come la locanda, che offriva ospitalità al mondo che viaggiava. Ma non è solo “buona cucina”, è anche saper leggere e scrivere e “tener di conto” che la fa essere una donna speciale, soprattutto per quei tempi. Regge la locanda, non vuole essere diretta, manipolata e tanto meno protetta. Si presenta sulla scena scalza e “seminuda”, solo lei, senza inutili orpelli. Scaltra, evita qualunque coinvolgimento personale negli affari, si limita a “ben ricevere” i suoi ospiti che invece vorrebbero da lei un rapporto più personale, confidenziale, amoroso, allettandola con regali più o meno preziosi che, pragmatica, certamente non rifiuta per non “ mortificare l’ospite”.

 


FINO A CHE, elemento disturbante, entra in gioco l’innamoramento e si scopre all’improvviso debole, indifesa. L’allettamento iniziale verso quel cavaliere che la intriga perché “odia le donne”, fa scattare il gioco della seduzione: entra il vestito, entrano le scarpe con il tacco, entra il buon cibo, ancora più ricco, ancora più prezioso come il “vino di Borgogna”. Ma l’emozione di provare un sentimento nuovo e deviante è così forte che sviene. O forse è un escamotage per liberarsi di questo spasimante ormai furiosamente incontrollabile, che lei stessa ha stimolato. Il desiderio comunque è pericoloso, infiamma senza regole. E bisogna quindi rinunciare, anche se questa rinuncia può essere amara.




E TORNA LA LOCANDIERA di sempre (si scatena in una danza liberatoria), con la consapevolezza però che è “necessario” accasarsi per acquistare una certa tranquillità sociale. Con la sua intelligenza, la sua abilità e il buon senso, di fatto ha sconfitto tutta l’aristocrazia, liberandosi in un colpo solo di un cavaliere, di un conte e di un marchese, e decidendo di sposare Fabrizio, il suo servitore, confermando così il proprio carattere di donna realista e pragmatica, e nello stesso tempo rispettando quello che era stato il volere del padre in punto di morte.




C’ E’ il Goldoni del ‘700 in certi stilemi della lingua, nella nuova borghesia che sta soppiantando la vecchia aristocrazia grazie al lavoro, ai nuovi sbocchi commerciali, alla crescente industrializzazione. C’è la locanda, storico luogo di incontro e di ospitalità, del gioco delle carte come il “faraone” che vi si praticava (che qui diventa lo “shanghai”), del buon vino che vi si beveva, degli elisir, panacea per tutti i mali, che creavano gli speziali con erbe officinali in fiale e boccette preziose, e della cioccolata, il "cioccolatte" come veniva chiamata la nuova bevanda che irretiva tutti compreso Casanova che la ordinava nei celebri Caffè veneziani.




E CI SONO, ancora oggi, i temi della condizione femminile, a ben leggere dietro alla figura di Mirandolina. Il ritmo è incalzante, grazie anche alla modulazione delle luci e alle note musicali che si avvalgono anche di ritmi jazz. Gli attori sono bravissimi, interessante anche l’inserimento delle due “commedianti di professione” riferimento al nuovo concetto di Commedia dell’Arte (di cui lo stesso Goldoni parla in un suo lavoro usando per la prima volta un termine riferito ad attori professionisti, non più dunque dilettanti usando la parola "arte" nell'accezione di mestiere), e nello stesso tempo una sorta di “teatro nel teatro”, a ribadire come questa arte si impegni da sempre a giocare a mettere e a togliere maschere. La scena e i costumi, contemporanei, rivelano la storia come vicina a noi nei temi essenziali, e affinano nello spettatore uno strano stupore.

Ancora una volta una prova magistrale di Sonia Bergamasco.



 


LA LOCANDIERA

di Carlo Goldoni

 

regia Antonio Latella

 

con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo.

drammaturgia Linda Dalisi

scene Annelisa Zaccheria

costumi Graziella Pepe

musiche e suono Franco Visioli

luci Simone De Angelis

assistente alla regia Marco Corsucci.

produzione Teatro Stabile dell’Umbria.

 

 

marilena badolato

 

AUTHOR - Marilena Badolato